CRIMINI DI SISTEMA ================== *Sono le violazioni dei diritti umani degli immigrati e i morti per fame causati dai poteri politici, economici e finanziari e dallo sviluppo anarchico del capitalismo. Leggi e pratiche sono responsabili del silenzioso massacro prodotto dai respingimenti. Ottocento milioni non hanno né cibo né acqua, due miliardi non possono curarsi* Si propone di adottare una nozione di *crimine* assai più estesa di quella di *crimini penali*, qualificabili come tali solo se consistenti in offese e in eventi dannosi esattamente determinati e imputabili alla responsabilità di persone altrettanto determinate. Si tratta di colmare una lacuna presente nel nostro lessico teorico-giuridico, cioè di dare un nome a quell'altra classe di violazioni massicce di diritti e beni fondamentali stabiliti da carte costituzionali o internazionali e tuttavia non consistenti in atti individuali. **La proposta consiste **nell'includere, nella nozione di «crimine», questa classe di violazioni giuridiche, non meno e anzi, di solito, assai più gravi: quelli che possiamo chiamare *crimini di sistema*, consistenti in aggressioni e violazioni dei diritti umani messe in atto, come si è detto, dall'esercizio incontrollato dei poteri globali -- politici, economici e finanziari -- e dallo sviluppo anarchico del capitalismo. Non si tratta, si badi, dei crimini dei potenti, che sono pur sempre crimini penali e la cui gravità e la cui frequente impunità sono state fatte oggetto d'indagine da un'ormai ampia letteratura di criminologia critica. E neppure si tratta dei crimini di Stato o dei crimini contro l'umanità, parimenti trattati dal diritto penale internazionale a seguito di quella grande conquista che è stata l'istituzione della Corte penale internazionale. **I crimini di sistema**, consistendo in violazioni massicce dei diritti umani costituzionalmente stabiliti, sono sicuramente riconducibili alla fenomenologia dell'illecito giuridico. Non sono tuttavia illeciti penali, difettando di tutti gli elementi costitutivi del reato. I loro tratti distintivi, quelli che, volendo usare il linguaggio penalistico, possiamo chiamare i loro elementi costitutivi, sono due: il carattere indeterminato e indeterminabile sia dell'azione che dell'evento, di solito catastrofico, e il carattere pluri-soggettivo sia dei loro autori che delle loro vittime, consistenti di solito in popoli interi o, peggio, nell'intera umanità. **Prendiamo le leggi** e le pratiche adottate in Italia, come in molti altri paesi, contro l'immigrazione clandestina. Ovviamente il diritto penale non potrà mai configurarle come delitti. Eppure leggi e pratiche di questo tipo sono responsabili del silenzioso massacro prodotto dai respingimenti alle frontiere degli immigrati clandestini. Si tratta di molte migliaia di vittime, interamente rimosse dalla nostra coscienza: più di 30 mila persone negli ultimi 15 anni. È chiaro che questi eccidi non possono essere considerati come disastri naturali, bensì come crimini di sistema, benché non siano punibili come reati le politiche e le leggi che li hanno provocati. Solo così può svilupparsi la consapevolezza della loro contraddizione con tutti i nostri conclamati valori di civiltà e può maturare, nel senso comune e nel dibattito pubblico, la necessità di impedirne come illecita la commissione.\ Lo stesso discorso può farsi per i milioni di morti ogni anno per fame, sete e malattie non curate e per le devastazioni ambientali. Oggi più di 800 milioni di persone soffrono la fame e la sete e circa 2 miliardi si ammalano senza la possibilità di curarsi. La conseguenza è che ogni anno muoiono circa 8 milioni di persone -- 24 mila al giorno -- in gran parte bambini, per la mancanza dell'acqua potabile e dell'alimentazione di base provocata da inquinamenti e carestie. Ancor più drammatica è la situazione della salute. **Alla base di questi crimini** di sistema c'è un vuoto di diritto, ben più che di diritto penale, dovuto a molteplici fattori, tutti legati all'odierna globalizzazione della sola economia e al carattere ancora locale della politica e del diritto: l'assenza di una sfera pubblica all'altezza dei poteri economici e finanziari in grado di limitarne e controllarne l'esercizio; il conseguente ribaltamento del rapporto tra economia e politica, in forza del quale non è più la politica che governa l'economia, ma è l'economia che governa la politica, ovviamente a vantaggio dei soggetti economicamente più forti; il nesso infine tra l'impotenza della politica nei confronti dei poteri economici globali e la sua rinnovata onnipotenza, da questi imposta, nei confronti delle persone e in danno dei loro diritti costituzionalmente stabiliti. **Si è così prodotta **un'abdicazione della politica al suo ruolo di governo dell'economia e di garanzia dei diritti sociali, che peraltro è stata favorita anche da talune aporie della democrazia, emerse anch'esse con l'odierna globalizzazione. Le democrazie rappresentative dei nostri paesi sono nate e restano tuttora ancorate agli Stati nazionali. Sono perciò vincolate ai tempi brevi, anzi brevissimi, delle competizioni elettorali o peggio dei sondaggi, e agli spazi ristretti dei territori nazionali: tempi brevi e spazi angusti che evidentemente impediscono ai governi statali politiche all'altezza delle sfide e dei problemi globali. **C'è poi un'altra aporia** che investe le nostre democrazie. Simultaneamente alla perdita di sovranità degli Stati, sostituita dalla sovranità di quei nuovi sovrani assoluti, invisibili e irresponsabili che sono i mercati, stanno prendendo il sopravvento, nei nostri paesi, movimenti populisti -- euroscettici, xenofobi, sovranisti e nazionalisti -- che mentre contestano demagogicamente quei nuovi sovrani globali, ne risultano di fatto i principali alleati dato che si oppongono alla sola politica che sarebbe in grado di fronteggiarli: la costruzione di una sfera pubblica alla loro altezza, quanto meno europea e in prospettiva globale, in grado di imporre loro regole, limiti e controlli. È invece precisamente questa la sola risposta razionale che la politica e il diritto possono offrire ai crimini di sistema e alla conseguente crisi delle nostre democrazie: lo sviluppo di una dimensione nuova e ormai inderogabile della sfera pubblica, del costituzionalismo e del garantismo, al di là dell'angusto localismo della politica delle democrazie nazionali: in primo luogo un *costituzionalismo di diritto privato*, cioè un sistema costituzionale di limiti, vincoli e controlli sopraordinato ai poteri privati, oltre che a quelli pubblici; in secondo luogo un *costituzionalismo di diritto internazionale*, all'altezza delle aggressioni planetarie all'ambiente -- il riscaldamento climatico, l'inquinamento dell'aria e dei mari, la riduzione della biodiversità -- che richiedono l'introduzione di norme, controlli, funzioni e istituzioni di garanzia anch'esse di livello planetario. **È difficile prevedere** se una simile espansione del costituzionalismo e della democrazia riuscirà a svilupparsi o se continueranno a prevalere la miopia e l'irresponsabilità dei governi. Due cose sono però certe. La prima riguarda l'alternativa di fronte alla quale è posta l'umanità. Oggi o si va avanti nel processo costituente, dapprima europeo e poi globale, basato sulla garanzia della pace e dei diritti vitali di tutti, oppure si va indietro, ma indietro in maniera brutale e radicale. O si perviene all'integrazione costituzionale e all'unificazione politica dell'Europa, magari ad opera di un'Assemblea costituente europea, oppure si produce una disgregazione dell'Unione e un crollo delle nostre economie e delle nostre democrazie, a vantaggio dei tanti populismi che stanno crescendo in tutti i paesi europei. **La seconda cosa certa** riguarda il carattere niente affatto utopistico, ma al contrario razionale e realistico del progetto costituzionale disegnato dalle tante carte dei diritti prodotte dal costituzionalismo novecentesco. C'è infatti una grande, positiva novità che è stata generata dalla necessità di proteggere i diritti e i beni fondamentali dai crimini di sistema e che consente una nota di ottimismo: l'interdipendenza crescente tra tutti i popoli della terra, idonea a generare una solidarietà senza precedenti tra tutti gli esseri umani e a rifondare la politica come politica interna del mondo, basata sull'esistenza, per la prima volta nella storia, di un interesse pubblico e generale ben più ampio e vitale di tutti i diversi interessi pubblici del passato.