IL DIRITTO DI CITTADINANZA SOCIALE

DIRITTO AL LAVORO E REDDITO


a) Premessa


*Il processo di trasformazione che è avvenuto negli ultimi trent'anni nel mondo del lavoro, a causa dell'introduzione delle nuove tecnologie, sembra produrre un preoccupante calo occupazionale.*

*Negli anni \'Novanta, Jeremy Rifkin affrontava il tema della terza rivoluzione industriale nel suo \“La fine del lavoro\”*[^89]*. Da allora il lavoro ha continuato, progressivamente, a diminuire. L\'introduzione delle nuove tecnologie ha radicalmente spazzato via una serie di lavori, ancora esistenti pochi anni fa.*

*Il processo è quello di desertificazione crescente, che interessa soprattutto i profili lavorativi meno qualificati.*

*Di recente, sul tema, sono state pubblicate, sul piano internazionale, talune ricerche di grande importanza.*

*Nel 2013 due ricercatori dell\'Università di Oxford, Carl Benedikt Frey e Michael Osborne*[^90]*, hanno calcolato che il 47% dei posti di lavoro nel mercato americano rischiano di sparire nei prossimi vent\'anni a causa dell\'automazione. Secondo Mark Haefele*[^91] *il dato va esteso a tutte le economie avanzate.*

*Secondo tesi più ottimistiche*[^92]*, nei paesi che investono maggiormente nella produzione tecnologica sarebbero 'solo' il 9% i lavoratori a rischio 'sostituzione'.*

*E infatti, tali paesi generano posti di lavoro nel campo delle tecnologie informatiche, che, entro una misura ben determinata, sostituiscono i posti di lavoro perduti. In ogni caso, anche la tesi più ottimistica, restituisce uno scenario drammatico, soprattutto in paesi che già in partenza non godevano della piena occupazione.*

*Ad esempio, sino a pochi anni fa, tutti gli studi legali, anche quelli più piccoli, avevano un segretario che provvedeva a battere a macchina e a svolgere incombenze in tribunale. Oggi, con pc, email, Pec e processo telematico solo gli studi più grandi, di fatto, hanno il supporto di un segretario (e comunque ne hanno ridotto il numero rispetto a quindici anni fa). In Italia, quindi, il settore degli studi legali (e professionali in genere) ha espulso del lavoro non meno di 50.000 figure professionali, che non sono state rimpiazzate in nessun modo.*

*Si riduce drasticamente il lavoro nelle banche (soppiantato dall'home banking), nelle compagnie assicurative (le assicurazioni ormai sono pressoché tutte on line), nelle agenzie di viaggi, nei giornali, etc.*

*Il meccanismo prefigurato dagli economisti liberisti, nel contempo, mostra tutti i suoi limiti. Si riteneva che a un aumento della produttività, conseguisse un calo dei prezzi, e un conseguente aumento della produzione e vendita, che compensava la accresciuta produttività marginale. Non è stato così (o comunque è avvenuto in minima parte). Si pensava che si potesse agire sulla leva monetaria e del tasso di interesse; ma ciò non ha sortito i frutti sperati*[^93]*.*

*Occorre poi accennare a due fenomeni connessi: il calo delle ore lavorate, e l'aumento del part time*[^94] *(spesso connesso a lavori non garantiti), e una sorta di esplosione del lavoro informale (si pensi ai ciclofattorini, anche detti rider, o a piattaforme come Uber)*[^95]*.*

*Per effetto di tutto questo, in Italia, il reddito medio delle famiglie (a prezzi costanti) nel 2016 era inferiore dell'11% rispetto al reddito medio del 2006*[^96]*. Inoltre, è aumentata la quota di persone a rischio di povertà, ossia che dispongono di un reddito-equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano: si tratta del 23%*[^97]*.*

*Il tutto, in un quadro in cui il PIL italiano è in effetti, nel 2016, inferiore solo del 3% a quello del 2006*[^98]*.*

*Insomma, il reddito delle famiglie si abbatte e la povertà cresce notevolmente, anche se il PIL non è decresciuto in modo rilevante. Si è quindi verificato l'effetto prefigurato dall\'economista francese Thomas Piketty (\“Il capitalismo del XXI secolo\”*[^99]*): la ricchezza mondiale ed italiana si accumula sempre di più nelle fasce alte del reddito, schiacciando il ceto intermedio (in particolare quello a bassa qualificazione) e lasciando la fascia più povera della popolazione senza redditi e inesorabilmente senza lavoro*[^100]*. Nel contempo si assiste alla diminuzione dei lavoratori permanenti, a vantaggio di forme lavorative sempre più precarie e volatili*[^101]*.*

*Per quanto attiene alle possibili contromisure, occorre in primo luogo confutare la tesi finora dominante. Quella per cui il sistema genererà nuove utilità tali da assorbire tutti i disoccupati, oppure che sia sufficiente agire sulla leva dei costi del lavoro.*

*In primo luogo occorre capire che oggi il costo del lavoro incide ben poco sugli utili. Google o Amazon non hanno alcun problema a pagare bene quei pochi lavoratori che impiegano, stanti gli enormi margini di utile. In un quadro in cui, per la grande parte dei beni, i costi del lavoro incidono in parte minima sui costi, la riduzione di un punto dei suddetti costi produce un effetto irrisorio*[^102]*.*

*Le analisi dei liberisti, che vantano una presunta modernità, sono ferme all'Ottocento.*

*Ma anche le analisi della scuola keynesiana mostrano i loro limiti. Per molti aspetti le analisi sono ferme a un tempo in cui i bisogni primari degli esseri umani erano virtualmente infiniti, insoddisfatti e l'ambiente sembrava senza limiti di sfruttamento.*

*Oggi si deve comprendere che la via d'uscita dalla crisi non può essere quella di un aumento indiscriminato della produzione di beni. Se la produttività del lavoro aumenta di dieci volte, per compensare i posti di lavoro sarebbe necessario aumentare (almeno) di dieci volte la produzione*[^103]*. Ma ciò è impensabile per diverse ragioni. Il sistema non è in grado di assorbirli, l'ambiente naturale non lo sopporterebbe.*

*Ciò che va compreso è che il livello di servizi e prestiti bancari (da cui le banche traggono i loro utili) non dipende affatto dal costo dei servizi medesimi (bensì dal livello dell'economia, dal saggio di interesse etc.). Stesso dicasi per gli studi professionali: il numero di cause che patrocina un avvocato non dipende dalle tariffe (ma dall'indice di conflittualità giuridica, dalla chiarezza delle norme etc.), e lo stesso vale per i progetti che disegna un architetto (che sono funzione della necessità di costruire nuovi immobili).*

*Inoltre l'espulsione dei lavoratori casellanti autostradali, dovuta all'automazione, non solo non genera né una diminuzione dei prezzi, né un aumento dei viaggi autostradali, ma soprattutto —anche ove i viaggi stessi aumentassero— non genera in ogni caso un aumento di posti di lavoro, perché si arriva ad un punto di progresso tecnologico in cui anche l'aumento macroscopico di vendita del bene o del servizio non genera alcun posto di lavoro (in quel determinato comparto). Si arriva ad un punto di sviluppo tecnologico, in cui è la stessa tecnologia a far fronte a un aumento di produzione (ed, a monte, da un aumento della domanda aggregata). E dunque saranno sempre i caselli automatizzati, ad assorbire il maggiore traffico, e sarà sempre l'home banking a gestire le aumentate transazioni bancarie.*

*Possiamo definirla la trappola dell'automazione.*

*Solo in relazione a beni ad alta incidenza di manodopera (sempre meno), una diminuzione dei costi genera un corrispondente calo dei prezzi e un aumento della produzione sufficientemente compensativo in termini occupazionali. Se però la produzione è funzione della domanda (come dimostrato da Keynes), e la domanda di un medesimo bene non è infinita, ma giunge a saturazione, dall'aumento di produttività non può che derivarne una disoccupazione strutturale, come la recente storia si è incaricata di dimostrare.*

*Inoltre, anche le politiche di stampo keynesiano, di sostegno alla domanda, perdono parte della loro efficacia in un mondo globalizzato*[^104]*.*

*Occorre allora giungere a una conclusione.*

*Il liberismo funziona discretamente bene nella prima fase, di soddisfazione di alcuni bisogni materiali primari. Poi tende a iper soddisfare sempre i medesimi bisogni, consumando oltremisura l'ambiente. È un discorso che porterebbe lontano. Ciò che conta è che non si può moltiplicare per dieci la produzione di hamburger per assorbire l'impatto delle nuove tecnologie.*

*Quindi, l'iper-produzione di beni privati ad alto consumo ambientale deve essere sostituita dalla produzione di beni sociali compensativi.*

b) Il nuovo patto sociale


*Nei grandi momenti di crisi le risposte sono solo due, o accettare il declino civile, o rilanciare e provare ad evolversi. Il dramma che la storia insegna è proprio questo: non c'è una terza via, chi non si evolve, declina irrimediabilmente.*

*La nostra società ha drammaticamente cessato di credere nelle proprie possibilità di evoluzione. Curiosamente, questo avviene proprio quando la tecnologia ci permetterebbe di fare un notevole salto.*

*Occorre dunque uno sforzo collettivo, che impegni tutte e tutti, nessuno escluso. Ciascuno deve conferire in misura maggiore alla collettività. L'incremento dei beni comuni, tornerà a giovamento di tutti.*

*L'obiettivo è un più alto punto di convergenza, un più elevato livello di civiltà ed un nuovo patto sociale.*

*Il principio guida è collettività contro egoismo sociale.*

c) Il diritto al lavoro


*Art. 4 Cost.: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.*

È giunto il momento di dare una lettura diversa di questo fondamentale principio costituzionale.

L'interpretazione tradizionale afferma che lo Stato deve limitarsi a favorire condizioni economiche e giuridiche generali che possano poi spontaneamente creare posti di lavoro.

Sotto questo profilo, la prima conclusione che deve trarsi, dall'analisi condotta in precedenza, è che è evidente che l'orario di lavoro va limitato, per consentire la generazione di nuovi posti di lavoro.

Questa proposta, tuttavia, vuole introdurre un elemento ulteriore, perché si basa sull'assunto per cui, se il mercato spontaneamente non crea sufficienti posti di lavoro, deve essere lo Stato ad intervenire in modo diretto, per combattere la disoccupazione strutturale.

Interessanti anche le tesi del BIN, Basic Income Network Italia, che sostiene la corresponsione a tutti di un reddito base, tale da liberare definitivamente le persone dallo stato di bisogno.

La presente proposta vuole rappresentare una sintesi e un passo in avanti. Oltre al diritto al reddito va, infatti, riconosciuto un diritto al lavoro.

Sotto il profilo del diritto, il lavoro è un modo fondamentale di esplicazione della personalità. Il lavoro è il contributo dell\'individuo alla costruzione della società in cui vive. È una fondamentale modalità relazionale. Nel lavoro l\'individuo cresce, si forma, si organizza. Hegel afferma che «*L\'uomo è l\'essere che nel costruire il mondo costruisce se stesso*».

d) La proposta


Si tratta di una proposta radicale, con forte valenza simbolica: lavoro per tutte e per tutti[^105].

Non come promessa generica, o come mero diritto politico, ma come diritto soggettivo. E dunque del diritto al lavoro come diritto di credito, nei confronti dello Stato, azionabile in giudizio.

Chiunque deve potersi presentare e dire: «Io domani voglio lavorare». E lo Stato, per legge, deve dare un lavoro.

Come detto, l\'articolo 4 della Costituzione afferma: «*La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto».*

Occorre poi superare la contrapposizione tra lavoro e reddito.

Il reddito è temporaneo, nel tempo necessario per la riqualificazione e la ricerca del nuovo lavoro. Non solo. Si può senz'altro immaginare, nel quadro di un *più elevato livello di civiltà, che alla persona sia conferito un reddito anche solo per godere di una pausa, per riposo, per un lungo viaggio, per occuparsi di qualcuno o per scrivere un romanzo o una sinfonia. L'aumento di produttività, dovuto alla tecnologia, oggi ci permette tutto questo, e dobbiamo credere e volere fortemente una società che garantisca a tutti una vita più umana.*

Tuttavia il reddito resta una soluzione di passaggio, ma non appare una risposta al cambiamento epocale che abbiamo vissuto.

Il centro della proposta è il diritto al lavoro.

Occorre quindi superare la posizione tradizionale, che non vede nel diritto al lavoro attribuito dalla Costituzione [un diritto “perfetto]{.underline}”, ossia, uno di quelli azionabili in sede giudiziaria. Secondo la lettura data finora, il diritto al lavoro, come gli altri diritti sociali è “azionabile in sede politica attraverso il processo democratico\”. Insomma, il cittadino ha solo la via elettorale per ottenere la speranza di un posto di lavoro. La responsabilità di un sistema pubblico che, alla prova dei fatti, non risolve il problema della disoccupazione, resta sempre solo politica.

A fronte del cambiamento epocale che stiamo vivendo, quella canonica è una risposta insufficiente, e va cambiato il paradigma.

Il lavoro è (diventa) un diritto soggettivo pieno - perfetto- azionabile in ogni sede. Debitore è lo Stato, creditore chi non lavora.

Fondamento giuridico, peraltro, rinvenibile nella stessa Costituzione, non solo nel primo comma dell\'art.4, ma soprattutto nel secondo, laddove è scritto

\“*Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società\”*

Se come cittadino ho anche il dovere di svolgere una \'attività o funzione\', vuol dire che lo Stato mi deve mettere in condizione di adempiere.

Altro punto essenziale: il lavoro cessa di essere solo un mezzo per produrre [altri]{.underline} beni sociali, ma è esso stesso bene sociale che deve essere prodotto dalla collettività.

Si è constatato che il sistema capitalista, senza intervento pubblico, non produce spontaneamente sufficiente lavoro per tutte/i.

Lo Stato, quindi non si deve limitare ad usare lavoro come un mezzo di produzione, ma deve intraprendere iniziative volte, semplicemente, a crearlo. E' questo il cambio di prospettiva.

Anche il lavoro deve essere un servizio pubblico. Garantire ai cittadini il benessere attraverso la possibilità di esplicare le loro potenzialità attraverso attività di contribuzione al bene pubblico.

Come conseguenza di questo processo lo Stato otterrà [anche]{.underline} altri beni pubblici come effetto del lavoro È il cuore della proposta.

Il lavoro di cittadinanza è un lavoro di (almeno) 5/6 ore al giorno, pagato con una somma tale da permettere non solo la mera sopravvivenza, ma un relativo agio (e con importi, comunque, non inferiori a quelli da CCNL).

Nel momento in cui il lavoratore fa richiesta, sceglie il proprio percorso di lavoro, sulla base di aspirazioni, competenze e necessità. Le competenze possono essere acquisite anche nel percorso formativo che egli stesso sceglie. Questo significa che occorrerà tenere conto delle inclinazioni di ciascuno.

Facciamo degli esempi concreti per comprendere meglio. Il violinista suonerà nella stanza del museo, gli attori formeranno una compagnia teatrale che girerà per le scuole per far conoscere la tragedia greca e latina. Altri terranno aperte le scuole dopo l'ora di pranzo, permettendo agli studenti di fermarsi a studiare e ad altri lavoratori di dare delle ripetizioni.

Il nodo essenziale deve, però, essere: le prestazioni di lavoro non devono sostituire lavori o servizi esistenti, ma creare una nuova utilità sociale, che prima non esisteva. Un'utilità che andrà a beneficio dei cittadini, ma che favorirà anche il sistema produttivo. In modo partecipato e, per quanto possibile, autogestito, s'individuano bisogni sociali ed ambientali irrisolti, in cui impiegare le proprie energie lavorative. Un esempio potrebbe essere quello di proporre di tenere aperto un bene culturale, o ambientale, fino a quel momento non fruibile.

Ma va dimenticata la ricerca speculativa, la produzione artistica, musicale e culturale in genere.

A questo punto, il lavoratore chiamato potrà rimanere nella condizione quanto vuole, anche per tutta la vita, se trova un equilibrio. Lui restituisce alla società più di quello che riceve.

Sia in fase iniziale, sia in fase successiva, il singolo lavoratore o un gruppo di soggetti può presentare progetti, in cui si individuano bisogni sociali irrisolti, in cui impiegare le proprie energie lavorative.

In sostanza, i singoli o i gruppi di lavoratori, potrebbero redigere delle proposte (o delle controproposte) di lavoro, sviluppando quello che oggi viene costruito come il nuovo mutualismo.

Ad esempio: un gruppo di lavoratori sviluppa un progetto di recupero e visite guidate al parco della Marcigliana, fino a quel momento abbandonato a se stesso. O un progetto di apertura giornaliera delle case romane di S. Paolo alla Regola, fino a quel momento rimaste chiuse. O un progetto per rappresentazioni teatrali nelle scuole, o per recitare poesie sulla spiaggia di Ostia nelle notti d\'estate.

Nel progetto vanno indicati anche costi, tariffe ed utili per il pubblico (biglietto che si può richiedere).

L\'attività di organizzazione dei lavori, di approvazione e controllo dei progetti è rimessa ad altri lavoratori di pubblica utilità. Questi stessi lavoratori potrebbero aiutare gli altri a sviluppare progetti di lavoro.

e) Il campo di lavoro


Si è detto come si debba trattare della valorizzazione di beni e servizi attualmente improduttivi o sotto-utilizzati.

L\'obiettivo è quello di generare utilità in attesa di realizzazione e concretizzazione. I beni pubblici \“improduttivi\” sono, evidentemente, la prima risorsa da sfruttare.

Alcuni esempi. In primo luogo tutte le *occupazioni artistiche*, di cui si è detto. Ci sono moltissimi *beni culturali* in attesa di valorizzazione e che necessitano di manutenzione. *Beni ambientali*: parchi, riserve naturali, spesso rimangono chiuse perché possono essere fruite solo con visite guidate. Piano per la *formazione ed istruzione,* di supporto alle famiglie. Le famiglie sono chiamate sempre più al supporto dei figli che studiano. Assistenza ad anziani e invalidi; servizi per l\'infanzia. Si pensi a un pulmino che prelevi bambine e bambini da casa, conducendoli a scuola e/o viceversa: riduce il traffico e l\'inquinamento, aiuta le famiglie. O il classico servizio di \“autobus a piedi\”. Ancora, un servizio di *baby sitting* collettivo, serale (sempre nelle scuole). Oppure l'*istruzione a domicilio* ed un grande piano di alfabetizzazione informatica. Formazione nel settore informatico. Realizzazione di Pec, per tutti i cittadini (promessa, ma mai attuata dallo Stato). Valorizzazione *dell\'usato*. Grande servizio nazionale di ritiro e recupero di beni non più utili: piano per i *trasporti alternativi*, per le biciclette (vigilanza e riparazione) e per la diffusione di ulteriori mezzi di trasporto sostenibili. Es.: istituzione presso [ogni]{.underline} fermata metro e ferroviaria di servizio di custodia (di bici private) ed affitto biciclette. Settore *turistico*: u*tile impiegare lavoratori nel settore dell\'accoglienza turistica. Informazioni, indicazioni, vigilanza sulle eventuali truffe ai turisti. Settore agricolo e del biologico:* alcuni lavoratori potrebbero essere impiegati nel settore. Settore delle *energie rinnovabili*. Un piano per la *residenzialità alternativa.* Assistenza aiuto all'inserimento, formazione *per gli immigrati.*

È l'intera gestione del sistema che può essere affidata agli stessi lavoratori di cittadinanza

I campi di intervento sono comunque moltissimi. Sarà poi lo stesso sistema a selezionare ed immaginare altri campi di intervento.

f) Il diritto europeo di cittadinanza sociale


La dimensione europea è ineludibile. Solo un insieme politico ampio può garantire la pace nel continente che ha provocato ben due guerre mondiali e può essere in grado di correggere efficacemente le storture e le contraddizioni di cui è responsabile la globalizzazione.

L'Europa oggi è sostanzialmente un incontro tra Stati. Gli Stati nazionali hanno svolto un ruolo storico fondamentale per secoli, oggi non basta più, di fronte ai processi di globalizzazione occorre dare vita a sedi internazionali di governo dei processi finanziari ed economici, altrimenti gli Stati sono destinati a subire i ricatti dei gruppi finanziari ed economici che finirebbero con il dettare le regole.

Senza un deciso passo avanti, proseguendo nella strada attuale, l'Europa è destinata ad implodere. Solo una risposta politica democratica e progressista può ridare un futuro unitario credibile all'Europa, contrastando la svolta a destra e per essere tale deve innovare in profondità istituzioni, regole e politiche dell'Unione.

Occorre quindi democratizzare il progetto europeo, costruendo un sistema istituzionale realmente rappresentativo, che le attuali regole non garantiscono, mettendo il parlamento in grado di esercitare il potere legislativo e un reale controllo politico, finora appannaggio degli stati nazionali.

L'Unione, deve essere trasformata pienamente in una democrazia parlamentare. L'Europa non può essere solo il luogo dell'incontro tra Stati, ma sede del confronto tra culture e politiche per realizzare un primo grado di reale unificazione. Occorre lavorare da subito per costruire un nuovo campo d'azione istituzionale, politico e sociale, costruendo insieme agli altri europei democratici un'azione per spingere l'Unione Europea ad una profonda inversione delle politiche economiche sociali che non solo abbandoni definitivamente le politiche di austerità ma ponga le necessarie garanzie per uno sviluppo equilibrato di tutto il continente, che abbia occupazione e coesione sociale e accoglienza come pilastri fondamentali.

Anzitutto occorre lavorare per una cittadinanza sociale europea. Occorre andare oltre la carta di Lisbona e l'individuazione dei pur indispensabili diritti fondamentali riconosciuti a tutti i cittadini europei per arrivare a concrete scelte politiche che riconoscano e garantiscano ai singoli cittadini europei i diritti fondamentali (reddito, fisco, lavoro, istruzione, salute, casa, assistenza e previdenza pubbliche, etc.) di cui la stessa Unione deve essere direttamente responsabile in modo unitario.

Dunque il finanziamento del progetto reddito/lavoro di cittadinanza deve gravare direttamente (e non attraverso il corpo intermedio Stato) sul bilancio dell'Unione.

In generale deve affermarsi che i livelli della sanità, dell'istruzione, del sostegno al lavoro e per il lavoro debbono essere obiettivi e traguardi europei, comuni a tutti i paesi. Di conseguenza il bilancio comunitario deve affrontare direttamente alcuni capitoli di entrata e di spesa, finora lasciati a livello nazionale, in un'ottica di bilancio consolidato a livello europeo.

*Il lavoro non può più rimanere un fatto esclusivamente privato, di cui lo Stato si disinteressa, ma bensì un diritto oltre che un dovere del cittadino*[^106]*.*