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UNIONE EUROPEA

a) Premessa


La dimensione europea è oggi indispensabile per l'agire politico ed economico del nostro Paese nel panorama mondiale, in mancanza di organizzazioni e strumenti che siano in grado di far fronte alle difficoltà globali. Solo una vera unione europea può continuare a garantire la pace e a far prevalere la cooperazione alla competizione in un continente dal quale sono partite ben due guerre mondiali e contemporaneamente essere un agente attivo di pacificazione dei conflitti che si sviluppano nel mondo. Solo una vera *res publica* europea può essere in grado di correggere le ingiustizie sociali e le contraddizioni di cui è responsabile la globalizzazione, ed applicare politiche finanziarie e fiscali incisive.

Anche la recente, grave, crisi sanitaria ha dimostrato che le risposte nazionali sono sempre più inadeguate.

Occorre, quindi, distinguere tra processo formativo dell'UE, che deve andare avanti in modo deciso, con attenzione ai diritti sociali dei singoli, e conduzione politica degli ultimi anni.

Riteniamo che l\'Italia e gli altri Paesi dell\'area geografica europea, se vogliono perseguire finalità di cooperazione, pace e solidarietà al proprio interno nella dialettica globale, devono organizzare strategie di contrasto sia alle diseguaglianze e alle crisi sociali e ambientali sia allo strapotere della finanza e degli intenti predatori di soggetti globali. Pertanto riteniamo che l\'Unione Europea debba riformarsi in due direzioni entrambe indispensabili: assumere con coerenza una chiara rappresentatività delle proprie istituzioni legislative e di governo rispetto al popolo europeo e superare il misero obiettivo di garantire la stabilità monetaria e la libera circolazione delle imprese, delle ricchezze e delle persone, per assumere stabilmente ed in coerenza con i principi fondamentali della Carta di Nizza, obiettivi di tutela e garanzia dei diritti sociali ed economici, di rimozione delle disuguaglianze e di uguaglianza e solidarietà fra gli stati membri.

Quanto ai limiti della conduzione politica il giudizio dei Giuristi Democratici è severo.

Il dogma della libera concorrenza, assieme alla detta priorità della stabilità della moneta e ai vincoli di bilancio, travasati in alcuni trattati istitutivi, hanno prodotto disuguaglianze dentro l\'area UE. Gli stati potrebbero evitare aggregazioni e ristrutturazioni che approfondirebbero, sfruttando dissesti dovuti alla crisi, i divari fra loro; e potrebbero arginare il crollo dell\'occupazione che, oltre ad essere un costo per il welfare statale, riduce i salari e i diritti dei lavoratori.

Le importanti deroghe di questi ultimi anni dimostrano che le priorità dell\'UE possono divenire un ostacolo nelle fasi di crisi, ovvero, per essere più severi e sinceri, creano profonde diseguaglianze fra gli stati e favoriscono solo politiche economiche e monetarie procicliche.

Una nuova fase potrebbe aprirsi però, a seguito della nuova crisi. La sospensione nell\'UE del divieto degli aiuti di stato alle imprese nazionali avvenuta con due decisioni della Commissione (<https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CEL>) e, come più noto, la sospensione dei vincoli di bilancio del Fiscal compact vanno accolte con favore. Quindi la possibilità degli stati di investire in deficit, oltre i parametri, diventare azionisti, acquistare imprese, esercitare la golden power in settori di interesse nazionale (di cui per i soli settori strategici già nel DL 21/2012): sono misure anticrisi che, se divenissero permanenti, segnerebbero una svolta essenziale nell\'integrazione dell\'UE. Assieme alle ipotesi di aiuti a fondo perduto (senza aumento del debito nazionale) e al QE della Bce (e auspicabilmente a cospicue monetizzazioni dei debiti dei paesi più esposti) renderebbero l\'integrazione sostenibile e meno iniqua.

La proposta, in sostanza, è quella di dare vita a un grande progetto, un new deal a livello continentale, di cui la stessa Unione deve essere direttamente responsabile in modo unitario.

I giuristi democratici ritengono che questa possa e debba diventare l'occasione per un passo avanti deciso in senso democratico e sociale nella costruzione del processo unitario.

Si costruisca la Res Publica Europea, un soggetto pubblico garante dei diritti sociali e politici di tutti i cittadini, una Repubblica responsabile della sanità e della scuola in tutta l'Unione.

Questo percorso ha un senso, una coerenza e forse anche una storica inevitabilità.

b) Cittadinanza sociale europea


Occorre poi lavorare per una cittadinanza sociale europea.

Uno status dei diritti che l'Unione garantisce a donne ed uomini. Capace in primo luogo di abbattere in ogni campo ogni discriminazione ed uniformare i diversi livelli di servizi sociali tra i paesi dell'Unione e garantirne la piena agibilità ed esigibilità. Noi puntiamo al riconoscimento ai singoli cittadini europei di un corpo di diritti sociali, che non passi attraverso la mediazione degli Stati; e perciò pretendiamo che la stessa Unione sia diretta responsabile dei diritti fondamentali (reddito, lavoro, salute, casa etc.).

Non è sufficiente che l'Europa consenta al corpo intermedio \'Italia\' di fare più debito: il bilancio comunitario deve accrescere la propria entità, oltre alle proprie competenze, anche per poter sostenere i servizi sociali europei, garantendo a tutti i cittadini europei livelli uniformi.

c) Democrazia parlamentare piena


Per garantire l'universalità dei diritti sociali è indispensabile che l'Unione economica e monetaria sia dotata di un vero e proprio governo politico ed economico e di un bilancio idoneo fondato su una capacità fiscale autonoma. Occorre allora ripensare e democratizzare l'attuale struttura istituzionale europea, costruendo un sistema realmente rappresentativo, che le attuali regole non garantiscono, mettendo il Parlamento in grado di esercitare il potere legislativo e un reale controllo politico sugli altri organi europei. È quindi necessario redigere con gli altri europei democratici una proposta di riforma istituzionale dell'Unione, con l'obiettivo di trasformare la stessa in una democrazia parlamentare piena.

La stessa Unione Europea dovrebbe avviare una profonda riflessione costituzionale, e verificare se non sia il caso di introdurre la [figura presidenziale]{.underline} [parlamentare]{.underline} di Garanzia. In particolare si potrebbe ipotizzare una doppia presidenza di genere, ossia una Presidente donna, ed un Presidente uomo, con identici poteri e compiti. Una doppia presidenza opportuna per ragioni di dimensione territoriale e di decentramento, almeno simbolico, e di avvicinamento ai territori del sud e del nord dell'Unione.

I due presidenti dovrebbero essere eletti dal Parlamento europeo, a maggioranza qualificata (ad esempio 3/5), in modo da svolgere funzione di garanzie delle minoranze, assumendo un ruolo simile a quello ora svolto dal Presidente della Repubblica in Italia o in Germania, dai monarchi parlamentari europei, e con qualche elemento di potere mutuato dal Presidente della Repubblica francese (ad esempio la ratifica dei trattati internazionali e la nomina di alti funzionari, a loro volta con ruoli di garanzia).

In questo quadro di democratizzazione dell'Unione è necessario promuovere e definire anche una riforma elettorale che preveda liste per le elezioni europee non più su base nazionale, con candidature di carattere europeo.

In tal senso viene vista con favore riforma la riforma in corso dell'Atto elettorale europeo del 1976 (che ha visto il via libera della commissione per gli Affari costituzionali -AFCO).

Dopo il via libera della plenaria di Strasburgo dovrà essere adottata all'unanimità dal Consiglio dell'UE e poi ottenere l'approvazione di tutti gli Stati membri “conformemente alle rispettive norme costituzionali”.

In base a tale importante riforma ogni elettore avrà a disposizione due voti: uno servirà per eleggere i deputati nelle circoscrizioni nazionali, mentre l'altro permetterà di scegliere i 28 nuovi eurodeputati aggiuntivi della circoscrizione UE.

Avranno diritto a presentare liste di candidati a livello UE “entità elettorali europee”ossia coalizioni di partiti politici di diversi paesi, e partiti politici europei (probabilmente anche gruppi parlamento europeo).

La soglia elettorale obbligatoria minima del 3,5 per cento per le grandi circoscrizioni (con almeno 60 seggi)

Nella scheda ci sarà anche Spitzen kandidaten, ossia il nome che il partito europeo candida alla carica di presidente della Commissione Europea.

In tal modo vi sarà un rafforzamento dei partiti politici europei, e le campagne transnazionali creeranno un vero dibattito paneuropeo.

d) Riduzione del potere dei governi nell'Unione


Ridisegnare l'Unione Europea, trasformarla in una *res publica*, avvicinarsi ad una democrazia parlamentare piena, significa ripensare, da un lato il ruolo dei governi nazionali, all'interno dell'Unione, e nel contempo entrare nell'ordine di idee che una riforma compiuta non potrà che riguardare anche i territori di cui è costituita l'Unione.

Ed insomma, anche il dialogo tra centro (Unione) e diramazioni locali (Stati e Regioni) non può che essere ripensato in una riforma organica. Se la politica centrale avrà maggiore spazio, in un disegno che avvicini l'Europa ad un soggetto unitario democratico, nel contempo vanno ripensate le forme dell'autonomia dei territori. Occorre quindi ripensare i meccanismi di co-decisione e di adattamento delle decisioni collettive europee.

In tal senso si può aprire un dibattito su un possibile parlamento federale costituito dai rappresentanti delle regioni d'Europa.

Tali processi di approfondimento dell\'unione fra gli stati europei in senso federale, dovranno necessariamente compiersi a fianco, e condizionatamente, al progresso del disegno sociale ed economico; e nel complesso è una direzione riformatrice che consideriamo indispensabile per rendere legittima e sostenibile, dal punto di vista interno e costituzionale, la cessione di sovranità nazionale in favore di un soggetto istituzionale che rispetti i caratteri fondamentali del paradigma del costituzionalismo democratico scelto dall\'Italia.

e) Tutela dei diritti


Occorre riconoscere che l'Unione Europea, mentre è stata insoddisfacente sul piano delle politiche economiche si è mossa in modo più convincente sul piano della tutela dei diritti: il corpus normativo del diritto eurounitario, accanto a norme dei trattati che andrebbero urgentemente modificate, ha sviluppato un buon impianto di tutela dei diritti.

Con l\'entrata in vigore del \“Trattato di Lisbona\”, la Carta di Nizza ha acquisito il medesimo valore giuridico dei trattati, ai sensi dell\'art. 6 del Trattato sull\'Unione europea, e si pone dunque come pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri e, allo stesso livello di trattati.

La Carta, quale fonte primaria di protezione dei diritti fondamentali nell'UE, diviene parametro di legittimità degli atti dell'Unione. Questa carta si occupa anche di diritti sociali, talora con intensità maggiore anche della Costituzione italiana, anche se questa resta un presidio a difesa dei diritti fondamentali della persona, come il diritto al lavoro e alla salute, specie laddove subordina esplicitamente a questi, alla dignità della persona e all\'utilità sociale le libertà economiche e la proprietà privata e segna compiti di intervento pubblico nell\'economia per il raggiungimento dell\'eguaglianza sostanziale.

Appare ad esempio più netto e definito il riconoscimento del diritto di sciopero nella norma europea (Art. 28), o la tutela del lavoratore licenziato (art.30/33).

I diritti fondamentali previsti nella carta di Nizza concorrono con quelli costituzionali (Corte costituzionale n. 269 del 2017 che afferma che si possa “* disapplicare, al termine del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, la disposizione legislativa nazionale in questione che abbia superato il vaglio di costituzionalità, ove, per altri profili, la ritengano contraria al diritto dell'Unione” *) .

Anche su altri versanti il diritto eurounitario ha rappresentato un avanzamento sociale. La Cassazione, con sentenza del 23 dicembre 2014, n. 27363 ha condannato l\'\“abuso\” del precariato nella pubblica amministrazione: con richiamo alla sentenza \“Mascolo\” 2014 della Corte di Giustizia Europea sulla scuola, ha dichiarato che un precariato pubblico di oltre trentasei mesi costituirebbe \“abuso\” di contratti a termine per contrasto con la direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999.

La Corte di Giustizia Europea ha sancito che la tutela dei lavoratori rientra tra le ragioni imperative di interesse generale. In particolare le sentenze Arblade e a., 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96 e poi Causa C-438/05 International Transport Workers' Federation, laddove è stato affermato che “*Si deve aggiungere che, ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c) e j), CE, l'azione della Comunità comporta non soltanto «un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali», ma anche «una politica nel settore sociale». L'art. 2 CE afferma infatti che la Comunità ha il compito, in particolare, di promuovere «uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche» e «un elevato livello di occupazione e di protezione sociale». Poiché dunque la Comunità non ha soltanto una finalità economica ma anche una finalità sociale, i diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali figurano in particolare, come risulta dall'art. 136, primo comma, CE, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata e il dialogo sociale*”.

La Commissione europea ha presentato il 4 marzo 2021 una proposta sulla trasparenza salariale per garantire che donne e uomini nell'UE ricevano la stessa retribuzione per lo stesso lavoro. La proposta stabilisce misure di trasparenza retributiva, come informazioni sulla retribuzione per chi cerca lavoro, il diritto di conoscere i livelli retributivi per i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro, nonché obblighi di segnalazione del divario retributivo di genere per le grandi aziende .

Altro settore in cui il diritto comunitario è più avanzato di quello nazionale è il diritto ambientale.

Poi il diritto antitrust, e quello di protezione del consumatore.

L'Unione Europea manifesta in tal modo la sua utilità, come area più ampia di applicazione di tali normative. L'azienda pur di poter accedere ad un'area territoriale ricca come l'UE, è disposta ad accettarne le regole, in termini ambientali, di abuso di posizione dominante, di sicurezza, di protezione del consumatore, di rispetto della privacy etc.

L'UE deve quindi proseguire su tale strada per affrontare in modo unitario una ulteriore serie di misure. È infatti urgente una regolazione unitaria dei movimenti di capitale della tassazione, volta ad eliminare i paradisi fiscali (etc.).

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